Per decenni, le democrazie liberali si sono illuse che la modernizzazione della Cina avrebbe determinato anche la sua democratizzazione. Si è sognato che la liberalizzazione economica nel Paese più popoloso del mondo avrebbe automaticamente comportato la libertà politica per i suoi cittadini. Ci si è autoconvinti che l’impegno diplomatico dell’Occidente e l’integrazione di Pechino nell’economia internazionale, con il suo ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), avrebbero mitigato l’autoritarismo del Partito Comunista Cinese (PCC).
La Cina, invece, ha deliberatamente approfittato di questa apertura, senza accettare i valori che la sostenevano. All’epoca è sembrata la decisione giusta, ma ora è diventata un errore strategico. Pechino è collegata al commercio globale e ai sistemi finanziari attraverso modalità che creano rischi che saranno eccezionalmente difficili da districare. Sono stati commessi gravi errori, alimentati anche da un’omissione valutativa delle condotte e delle intenzioni del PCC e da un mercantilismo miope che ha scelto di anteporre propri interessi a quelli generali di sicurezza degli Stati.
L’obiettivo di ridurre al minimo gli attriti tra le economie internazionali è alla base di molte regole ed Istituzioni successive alla Seconda Guerra Mondiale. Tale governance democratica ora è costantemente minacciata da Cina, Russia, Iran e da altri Paesi, tutti accomunati da un sentimento anti-occidentale e revanscista. Districarsi dai legami economici è meno difficile se si ha a che fare con la Russia perché la sua economia è in decadenza. Ma con la Cina è differente. Essa è ricca, industrializzata, controlla le più importanti catene globali di approvvigionamento e crea dipendenze. Inoltre, è fortemente orientata alla tecnologia, con il presidente Xi Jinping che persegue una leadership globale nel settore.
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Dalla Prefazione di Giulio Terzi di Sant’Agata:
«La Democrazia perisce nelle tenebre dell’equivoco e soprattutto del silenzio complice e omertoso: questo libro contribuisce finalmente a fare chiarezza e a gettare un po’ di luce su quello che è necessario conoscere. “Conoscere, discutere e infine deliberare”, affermava nel secolo scorso un gigante del pensiero liberale come Luigi Einaudi. Oggi ardiamo aggiungere una glossa: “Conoscere, discutere e infine deliberare” nell’interesse supremo dell’Italia e degli Italiani, e non “pilotati” nel baratro dal sogno di dominio globale della Cina di Xi Jinping.»
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